Giornalismo al femminile: Maria Terranova Ceron Malfitano si racconta

MariaCopertinaQuanto è corta la nostra memoria? Chi si ricorda dell’emergenza giustizia nel nostro territorio nel 1997 o delle problematiche locali messe in evidenza dal Senatore Piero Pellicini in un’intervista su Varese Sport nello stesso anno? Sul quotidiano La Prealpina Roberta Lucato firma la rubrica “100 anni fa” con briciole di storia locale. Maria Terranova Ceron Malfitano ha invece raccolto i suoi articoli apparsi su quotidiani e periodici nel corso di oltre 40 anni di attività nel volume “Giornalismo al femminile-Un tuffo nel passato”, che riproduce in copertina la sua fototessera dell’Ordine Nazionale dei giornalisti n. 50786.

Il volume, edito dalla Casa Editrice Costruttori di Pace, è stato presentato all’Ex Colonia Elioterapica di Germignaga il 10 dicembre scorso, durante la giornata dei Diritti Umani nell’ambito delle iniziative di EireneFest Verbano – Festival del libro per la Pace e la non violenza. Al tavolo dei relatori, oltre all’autrice, la prof.ssa Paola Biavaschi, direttrice del Dipartimento di Scienze Umane e dell’innovazione per il Territorio presso l’Università degli Studi dell’Insubria e la docente Milena Paladini in qualità di lettrice. L’iniziativa è stata realizzata con il patrocinio della Provincia di Varese, della Comunità Montana Valli del Verbano e dei Comuni di Brezzo di Bedero, Germignaga, Luino, Brissago Valtravaglia e Sesto Calende. Il progetto è sostenuto in parte dai fondi 8 per mille della Chiesa Valdese.

TavoloMariaSindacoI richiami alla vita di quegli anni e con i riferimenti alle botteghe, è ricostruire la storia di un territorio” Ha sottolineato il sindaco Marco Fazio nel suo intervento introduttivo, seguito dai ringraziamenti di Maria ad un’amministrazione “improntata alla libertà concedendo spazio a tutti”.

Giornalismo al femminile non solo perché donna – si legge nella prefazione – ma anche perché nello scrivere ho messo in gioco tutta me stessa: intuizioni, sensibilità e soprattutto molto amore per il territorio dove operavo e per i suoi abitanti”. Poi, entrando nel vivo dell’argomento, Maria ha condiviso alcune riflessioni: «Quante volte sono stati lesi i diritti umani e quante volte noi stessi, involontariamente, li abbiamo lesi? Negli anni ‘80/’90 era dura avere libertà di espressione e spesso si era succubi di una falsa democrazia. Mantenere l’indipendenza è sempre stato difficile: io stessa ho chiesto diritto di asilo due volte (in Svizzera e in Colombia), poi ho scelto di rimanere in Italia, mantenendo però un atteggiamento resiliente e dimostrando che si può vivere in un Paese pur non essendo sottomessi, rendendo giustizia a chi ha pagato di persona per il proprio diritto di espressione».

Maria la combattente, profeta e precursore di molte tematiche diventate poi d’attualità, come ha ricordato Paola Biavaschi nel suo intervento: «Parliamo di giornalismo, ma anche di storia locale. Se leggiamo questi articoli attraverso la sua lente ritroviamo la storia dei nostri luoghi, con l’attenzione per le minoranze, per i più poveri e soprattutto verso tematiche che diventeranno importanti, come l’intercultura e il confronto con ciò che è “diverso”. Contemporaneamente, la campagna a favore della Pace, che oggi è l’argomento del giorno legato alla situazione geo-politica, per Maria ebbe sempre un ruolo privilegiato, anche se sulla stampa locale di allora alcuni suoi articoli venivano accettati con riserva. In questo viaggio attraverso una vita dedicata all’informazione, ricordiamoci, dunque, dei tempi in cui fare ciò era molto più complesso. Quando fu promulgata la Costituzione il diritto di stampa era garantito a pochissimi; nella TV in bianco e nero degli anni del boom economico era vietato parlare di morti sul lavoro, di morti bianche ed era particolarmente coraggioso cercare di esprimere un’opinione in modo indipendente, soprattutto a livello locale. Ora l’informazione esige di camminare sul territorio; Internet permette a chiunque di fare informazione gratuitamente e senza alcuna preparazione, ma esistono mille verità, con la possibilità di creare fake news. Una delle tecniche migliori per creare cattiva informazione non è eliminare gli onesti, o fare in modo di non pubblicare i loro articoli: oggi è sufficiente aggiungere notizie per confondere le acque. Quante sono le informazioni che passano attraverso gli influencer e i social? Che cosa leggono e che cosa guardano i nostri ragazzi? Guardano le trappole di Google e la loro capacità di venire a contatto con uno spettro di informazioni neutro si abbassa sempre di più. Gli algoritmi dei social e di Internet sono diabolici, perché allontanano le persone da notizie differenti dal loro pensiero e i nostri giovani, che non possiedono spirito critico, sono i soggetti più a rischio».

MariaFirmaCopieEcco allora che diventa di grande attualità la riflessione sull’uso dello smartphone: perché non prevedere l’inserimento nelle scuole di ore dedicate all’educazione ad un uso consapevole del “telefonino”? Oggi più che mai è difficile avere un’informazione vera e controcorrente; l’intrattenimento assume un ruolo sempre più preponderante e la rapidità delle notizie moltiplica gli errori, come la diffusione di informazioni di seconda mano. Imparare a verificare le fonti? Lavoro faticoso, che richiede tempo e sforzi, ma che permette di scoprire se sono frutto di un “copia/incolla”.

È necessario anche acquisire una “lentezza della gestione dell’informazione”, perché oggi l’indigestione di comunicazioni e la loro falsa pluralità impedisce di verificare i dati. «Oggi ci viene detto che l’intelligenza artificiale processa i dati in modo velocissimo, ma noi invece siamo umani, dobbiamo processare e lavorare informazioni provenienti da un lavoro umano, perciò abbiamo bisogno di tempo. Non dimentichiamo, inoltre, che l’A.I.processa dati che va a rastrellare sul web e se non sono corretti, anche ciò che essa crea non sarà appropriato. Ciò che serve ai ragazzi, dunque, è il tempo: non serve andare più in fretta, ma rallentare. Anche il giornalismo sul territorio deve essere lento e può costituire un elemento di istruzione nei confronti dei nostri giovani offrendo loro un altro modo di apprendere. Torniamo allora ad utilizzare i sistemi pedagogici di qualche decennio fa, per re-imparare ad andare piano e avere il tempo di costruirsi».

La chiave di lettura è, dunque, la parola “tempo”: quello che Maria ha dedicato alla sua vita professionale sul territorio; il tempo che l’informazione ha bisogno per essere creata e digerita: “Io so solo che ci ho messo il cuore, oltre che la vita”.

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