Fu soltanto una tregua,
una fragile parentesi frantumata
contro il vetro di una finestra rotta,
senza avere il tempo di metabolizzare
il cigolio della tapparella
che si riavvolge sul porto in dissolvenza.
Sarà come estirpare un bubbone,
un’escrescenza purulenta,
incisa in punta di coltello,
da lasciar colare a terra gravida di sangue,
in una pozzanghera che legge l’orrore
nella smorfia del ribrezzo.
E nelle sere d’inverno che faranno compagnia
al dormiveglia inquieto dell’insonne,
i ricordi distillati decanteranno nel fondo
di un bicchiere abbandonato sul comodino,
nella penombra opalescente di una lampada Tiffany
che illumina l’alcova priva di baci e di carezze.
Si consumerà il brindisi di un ritorno a casa,
al sapore di tappo
e con un retrogusto amaro in bocca.